Emergenza COVID-19: novità in materia di rapporti di lavoro e di ammortizzatori sociali

23 apr 2020

L’emergenza epidemiologica connessa alla diffusione del Coronavirus ed i provvedimenti conseguentemente assunti da fine gennaio 2020 ad oggi hanno avuto impatto dirompente nel mondo del lavoro.

Dalle limitazioni allo svolgimento dell’ordinaria attività d’impresa, dapprima nelle aree maggiormente colpite e poi sull’intero territorio nazionale, sino alla sospensione delle produzioni e dei commerci ritenuti non essenziali, imposta con il DPCM 22 marzo 2020, gli interventi adottati in via d’emergenza hanno tentato di adeguare la quotidianità lavorativa agli stravolgimenti resisi necessari.

Le norme che il governo italiano ha assunto per fronteggiare l’emergenza si muovono su due differenti direttrici.

Da un lato, al fine di dare attuazione alle misure di contenimento dell’epidemie e per garantire che i lavoratori possano operare in condizioni di sicurezza adeguate rispetto ai nuovi scenari, intervengono sulle modalità di resa della prestazione lavorativa nell’ottica di limitare lo spostamento delle persone e di evitare assembramenti anche sui luoghi di lavoro.

Dall’altro lato tendono a preservare l’occupazione ed il mantenimento dei posti di lavoro, ponendo limitazioni alla risoluzione dei rapporti di lavoro e ampliando la possibilità per le imprese di ricorrere agli ammortizzatori sociali.

Sotto il primo profilo, ossia con riferimento alla necessità di contenimento della diffusione del virus, i provvedimenti emessi dal Governo prevedono le seguenti misure.

A) Misure dettate dalla necessità di contenimento della diffusione del virus e per la tutela della sicurezza dei lavoratori

A.1) Lavoro agile

Il lavoro agile (cosiddetto “smartworking”) diviene la modalità di svolgimento della prestazione lavorativa consigliata per le imprese attualmente operative (quelle ritenute di importanza strategica e indicate nell’allegato 1 del DPCM 22 marzo 2020) nonché l’unica consentita per le imprese le cui attività che non possono essere svolte da remoto sono sospese.

Le modalità per lo svolgimento del lavoro agile risultano semplificate: per tutta la durata dello stato di emergenza disposto con la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 (dunque, allo stato, sino alla data del 31 luglio 2020) è possibile adottare la modalità di lavoro agile in relazione a qualsiasi rapporto di lavoro subordinato ed i lavoratori possono essere posti in smartworking anche in mancanza dello specifico accordo tra datore di lavoro e lavoratore previsto dagli artt. 18 e 19 della l. 81/2017).

Gli obblighi di informativa del datore di lavoro circa i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro, previsti dall’art. 22 della l. 81/2017, possono essere assolti in via telematica anche utilizzando a tale scopo la documentazione reperibile sul sito internet dell’INAIL.

Ovviamente, le deroghe suddette sono esclusivamente funzionali a consentire il ricorso rapido ed efficace allo smartworking e hanno dunque valenza meramente operativa; non sussiste invece alcuna deroga o attenuazione ai principi cui la modalità di lavoro agile è improntata, e dunque in relazione al rispetto dei limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale previsti dalla legge e dal CCNL, delle norme a presidio della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell'attività lavorativa, all’esercizio del potere direttivo e disciplinare da parte del datore di lavoro.

A.2) Misure di sicurezza straordinarie sui luoghi di lavoro

Ove non sia possibile il ricorso al lavoro agile e l’attività del datore di lavoro rientri tra quelle che possono seguitare ad essere svolgere a norma del DPCM 22 marzo 2020, i lavoratori devono essere posti nella condizione di operare nel rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro.

I lavoratori che, per ragioni oggettive, non possono rispettare tale distanza devono essere muniti di dispositivi di protezione individuale; a tale riguardo è previsto che ai fini del Testo Unico sulla Sicurezza (ed in particolare ai sensi dell’articolo 74 co.1, del DL 9 aprile 2008, n.81) le mascherine chirurgiche siano considerate idonei dispositivi di protezione individuale (DL 17 marzo 2020 n. 18 art. 16).

Oltre alle disposizioni per la sanificazione dei luoghi di lavoro, e sempre nella prospettiva del contrasto alla diffusione del contagio e per il mantenimento della salubrità dell’ambiente di lavoro, sono introdotte alcune specifiche attribuzioni al datore di lavoro in materia organizzazione delle aziende.

Ci si riferisce alla possibilità del datore di lavoro di sottoporre i lavoratori, prima dell’accesso ai locali aziendali, al controllo della temperatura corporea e di inibirne l’ingresso dei soggetti che risultino manifestare febbre superiore a 37,5° (sul tema si veda il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto tra Governo e Parti sociali in data 14 marzo 2020).

Allo stesso modo il datore di lavoro può disporre l’ingresso contingentato dei lavoratori alle aree comuni (spogliatoi, aree relax, mense) nonché la diversificazione degli orari di entrata e di uscita del personale al fine di scongiurare situazioni di affollamento.

Nei casi in cui le attività del datore di lavoro siano sospese ovvero nei casi in cui non sia possibile rispettare le norme a tutela della sicurezza ed atte ad evitare assembramenti e nemmeno sia possibile, per la natura intrinseca dell’attività, far ricorso allo smartworking, i datori di lavoro sono incoraggiati a disporre la fuizione di ferie e permessi maturati dal lavoratore.

B) Misure a tutela della stabilità dell’occupazione. Ammortizzatori sociali

Sotto il secondo profilo, ossia con riguardo alle misure adottate dal governo a tutela della stabilità dell’occpazione ed a sostegno delle imprese (anche) quali datrici di lavoro, si osserva un massiccio ampliamento dei beneficiari degli ammortizzatori sociali ed in particolare un’estensione della possibilità del ricorso alla cassa integrazione ordinaria ed alla cassa integrazione in deroga.

Più precisamente, il DL 17 marzo 2020 n. 18 (cosiddetto “Cura Italia”) ha previsto una specifica causale di ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria ed all’assegno ordinario riferita alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per “eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica COVID-19”.I detti ammortizzatori sociali intervengono dunque a prescindere dal ricorso di situazioni di difficoltà aziendale determinata da eventi transitori e non imputabili all’impresa, quali intemperie stagionali o situazioni temporanee di crisi di mercato e hanno quale presupposto l’impatto che l’emergenza epidemiologica e le misure adottate per fronteggiarla hanno avuto sull’attività lavorativa.

Il ricorso a tale strumento, che si applica ai lavoratori in forza alla data del 23 febbraio 2020, risulta semplificato e fortemente accelerato, tramite la deroga delle norme che disciplinano le modalità e i tempi relativi alla preventiva comunicazione della causa di sospensione o riduzione dell’attività alle rappresentanze sindacali e quelle inerenti l’esame congiunto della situazione in relazione alla crisi dell’impresa.

Il DL 17 marzo 2020 n. 18, art. 19, prevede al riguardo che l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto con le rappresentanze sindacali debbano essere svolti, anche con modalità telematiche, entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva.

Risultano modificati anche i tempi per la presentazione della domanda di intervento degli ammortizzatori sociali, la quale, in deroga ai termini previsti dagli artt. 15 co. 2 e 30 o. 2 del DLGS 14 settembre 2015 n. 148, deve essere presentata entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui la sospensione o la riduzione delle attività hanno avuto inizio.

La durata massima della CIGO e dell’erogazione dell’Assegno in connessione al COVID-19 risulta pari a nove settimane e, allo stato, non può eccedere il mese di agosto 2020; anche se è possibile se non probabile che sopravvengano nuovi interventi normativi volti, sulla base degli scenari tutt’ora in rapida evoluzione, ad estendere la durata di tali misure.

Rilevante caratteristica di tali strumenti è che essi, per espressa previsione, sono neutri rispetto alla durata massima prevista dagli artt. 4, 12, 29 c. 3 e 39 del DLGS 14 settembre 2015 n. 148, con la conseguenza che la fruizione della integrazione salariale con causale COVID-19 non preclude alle imprese, terminata l’emergenza, di accedere alle forme per così dire tradizionali di cassa integrazione e assegno ordinario.

Ancora, la fruizione delle forme di integrazione salariale causate dall’epidemia non richiede il versamento della contribuzione addizionale da parte del datore di lavoro.

Possono beneficiare delle predette misure anche le imprese che abbiano già in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario. In tal caso il trattamento straordinario viene sospeso e sostituito dal trattamento ordinario connesso all’emergenza COVID-19, e tale sostituzione può essere applicata anche ai medesimi lavoratori già oggetto della CIGS.

Analogamente, i datori di lavoro che, iscritti al Fondo di Integrazione Salariale, abbiano in corso un trattamento di assegno di solidarietà, possono sospendere e sostituire tale misura con quella dell’assegno ordinario previsto dalle misure emergenziali su descritte.

Infine, il decreto “Cura Italia” ha introdotto alcune disposizioni in tema di cassa integrazione in deroga, in favore dei datori di lavoro privati che non rientrino tra quelli cui sono applicabili le altre forme di integrazione salariale. Essa può essere disposta, nei limiti di spesa indicati dal Governo, con decreto delle Regioni o delle Province autonome. Per le imprese che occupano più di cinque dipendenti, la concessione del trattamento di integrazione in deroga presuppone il previo accordo – anche con modalità telematiche – con le organizzazioni sindacali datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale; per i datori di lavoro che occupino un minor numero di maestranze, tale accordo non è richiesto.

Da ultimo, si segnalano, in estrema sintesi, le ulteriori misure adottate per consentire la fruizione di congedi per i lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano figli di età inferiore ai dodici anni, ciò per consentire di ovviare al problema della custodia della prole a seguito della chiusura delle scuole di ogni ordine e grado; l’estensione della durata dei permessi retribuiti ex art. 33 L 104/1992; la previsione che i periodi di quarantena (isolamento domiciliare con sorveglianza attiva) in cui siano posti i lavoratori risultati positivi al virus siano considerati come periodi di malattia e non possano essere computati per il calcolo della durata del periodo di comporto; la previsione di un premio a vantaggio dei lavoratori che abbiano prestato la propria attività presso la sede di lavoro nel mese di marzo 2020, riconosciuto in via automatica nella busta paga del mese di aprile 2020.

© - Elena Orsi